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“Il mistero del Moai”: Raffaele D’Orazi spiega i segreti del manufatto di peperino di Vitorchiano

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VITERBO - Trent’anni fa venne realizzato e posizionato a Vitorchiano (davanti alla duecentesca porta Romana) da parte di una ventina di abitanti dell’Isola di Pasqua in Polinesia, un Moai alto una decina di metri ricavato sul posto da un blocco di peperino di 400 quintali messo a disposizione dalle cave Anselmi. A quel tempo era l’unico ad essere stato scolpito fuori dell’Isola.

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Perché? Lo verremo a sapere oggi, venerdì 2 ottobre alle ore 17,00, all’incontro promosso da Serena edizioni, con il sostegno del Touring Club, nel chiostro longobardo di Santa Maria Nuova a Viterbo (in caso di maltempo nella chiesa adiacente, non occorre prenotazione). Un secondo Moai, più piccolo, venne creato successivamente, nel 2015, a Chiuduno nel Bergamasco.

Ce ne parlerà Raffaele D’Orazi autore del romanzo “Il mistero del Moai” che ci svela piccanti segreti su questo feticcio di pietra che porta fortuna se gli si accarezza l’ombelico e iattura se viene rimosso dalla sua primitiva collocazione. Sembra che a Vitorchiano (dove venne incautamente spostato) le disgrazie non siano mancate.

Con l’occasione verrà fatto omaggio a tutti i presenti del numero di Giugno 2020 della rivista Touring in cui è riportato un articolo sull’argomento del console Vincenzo Ceniti.

Il monolite è oggi sistemato in luogo diverso da quello originario e precisamente in largo padre Ettore Salimbeni al cospetto di un’ immagine-cartolina di Vitorchiano, peraltro Bandiera arancione del Tci. E’ lì’ pronto per un selfie irripetibile. Volto accigliato, naso rincagnato, mento squadrato, uno strano cappello a dado di color rossiccio con il cupolino schiacciato (il Pukao) e un accenno di pancetta sul tronco affusolato.

In quegli anni la posa in opera del Moai – realizzato in poco meno di un mese - venne preceduta nella cava Anselmi da una cerimonia sacra, il Kuranto (ripresa dalla Rai TV insieme alle varie fasi di lavorazione) con grande partecipazione di pubblico in cui alcuni abitanti dell’Isola di Pasqua (Maori) che lo avevano scolpito dettero uno spettacolo folcloristico con i costumi polinesiani, gonnellini di paglia, tanga di piume, corpi dipinti di terra bianca e rossa, danze e canti accompagnati dell’Ukulele (strumento simile alla chitarra). Lo scopo era quello di fare notizia e additare al mondo che la maggior parte delle statue di Moai dell’Isola (risalenti in gran parte al XIII-XIV sec.) necessitava di interventi di conservazione pena la definitiva scomparsa. 

Storia del Moai vitorchianese:

Il giornalista Mino d’Amato che alla fine degli anni Ottanta conduceva la trasmissione televisiva “Alla ricerca dell’arca” fece un servizio nell’Isola di Pasqua in Polinesia (l’antica Rapa Nui) sui misteriosi Moai (oltre 600) scolpiti dagli abitanti del posto a colpi d’ascia tra il XIII e il XIV sec. che si andavano inesorabilmente deteriorando, minacciando la definitiva scomparsa.

I Moai sono statue raffiguranti figure umane con teste molto grandi. 

Occorreva un’attenzione mediatica mondiale e reperire risorse per sostituirli con pietra più dura e resistente agli agenti atmosferici. D’Amato fece suo l’appello degli indigeni e promise un concreto interessamento. Ne parlò con il suo amico viterbese Renzo Anselmi che a quei tempi gestiva una cava di peperino a Vitorchiano, pietra del tutto simile a quella dell’Isola di Pasqua. Detto fatto. Completate alcune procedure burocratiche e logistiche (che portarono anche ad un gemellaggio) giunsero sul posto alla fine degli anni Ottanta una ventina di Maori guidati da Juan Atan Paoa ultimo discendente della stirpe Ororoina detta dalle “Orecchie lunghe”.

Una decina di uomini accompagnati dalle loro famiglie che stettero a Vitorchiano circa un mese alloggiando presso l’allora centro accoglienza dei Deoniani. Renzo Anselmi li ospitò come un padre premuroso e si prodigò in ogni modo compresa la messa a disposizione di abiti invernali dato che indossavano vestiti leggeri. Quegli abiti, ci racconterà Renzo, erano destinati ad una missione in Africa coordinata dalla superiora dell’istituto di Viterbo Beata Angelina, suor Pierina. 

Si stabilì una spontanea e cordiale amicizia tra la piccola comunità dell’Isola di Pasqua e i cittadini di Vitorchiano. Due mondi completamente diversi se si considera che l’isola polinesiana dista oltre 3.700 km dalla costa del Cile. L’obiettivo era quello di realizzare un Moai al di fuori dell’Isola perché avrebbe fatto notizia e sarebbe stato un grande richiamo. Si misero subito al lavoro facilitati anche dalle moderne attrezzature della cava come i frullini con disco diamantato, sotto la guida e i consigli di Anselmi. In poche settimane il Moai si materializzò nel possente monolite ridotto in due pezzi: fusto centrale di peperino grigio e cappello di peperino rosso (il Pukao). Con l’ascia non ci sarebbero mai riusciti data la durezza del peperino rispetto alla loro pietra. 

Ad operazione terminata Anselmi voleva posizionarlo in un’aiuola presso lo svincolo di Vitorchiano della superstrada Viterbo-Orte. Ma il Comune, sindaco in testa (a quei tempi Francesco Rossi) optò per la piazza antistante l’ingresso del borgo. Pensava che sarebbe diventato un’utile attrazione turistica. Anselmi si oppose sostenendo che la statua era in contrasto con il contesto medioevale della porta e delle mura castellane. Sarebbe stata una violenza alla storia locale. Ma non venne ascoltato.

La posa in opera del monolite venne preceduta nella cava da una cerimonia sacra, il Kuranto (ripresa dalla Rai TV insieme alle varie fasi di lavorazione) con grande partecipazione di pubblico in cui i Maori dettero spettacolo con i costumi polinesiani, gonnellini di paglia, tanga di piume, corpi dipinti di terra bianca e rossa, danze e canti accompagnati dell’Ukulele (strumento simile alla chitarra). 

Successivamente nel 2007 il Moai di Vitorchiano, il primo e forse ancora l’unico ad essere stato realizzato fuori dall’isola di Pasqua, venne richiesto per la mostra “Arte precolombiana – 10.000 anni di civiltà in America Antica” a Villanovaforru (facente parte del consorzio Sa’ Corona Arrubia) nel sud della Sardegna. Approfittando della lunga assenza (circa nove mesi) la nuova amministrazione comunale di Vitorchiano guidata da Gemini Ciancolini deliberò di collocare al posto del Moai un’antica fontana settecentesca che anni addietro venne rimossa e addossata alla destra di porta Romana. Nel 2008, al ritorno dalla Sardegna, il Moai venne sistemato in altro sito e precisamente in largo padre Ettore Salimbeni lungo la strada per Grotte Santo Stefano da dove si ammira un mirabile scorcio del centro storico di Vitorchiano ribattezzato il “Borgo sospeso”.