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Bruno Ventura, una vita tra musica, suoni e l'amore per la Tuscia

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NEPI - La provincia viterbese accoglie numerosi artisti, soprattutto provenienti da Roma, che trovano nella Tuscia un luogo migliore per vivere, mantenendo inalterata la possibilità di raggiungere la Capitale per lavoro o divertimento.

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Tra questi è Nepi ad essere diventato il luogo scelto da Bruno Ventura, musicista e sound designer, progettista di comunicazione sonora. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio.

Partiamo dalla sua professione, nasce musicista per diventare altro. Può spiegarci il suo lavoro?

"Vero, nasco musicista influenzato dalla passione respirata in una famiglia di musicisti, mio padre è stato parte del primo gruppo che vendette più di 3 milioni di copie nella storia della musica pop, quello di Marino Marini, e con lui ho girato il mondo, vivendo e assaporando il palcoscenico. Quindi ho studiato musica, sax e flauto al conservatorio scegliendo poi, 25 anni fa, di raggiungere mio fratello a Los Angeles, ed è lì che conobbi il sound supervisor della Universal Studios, Robb Navrides, mio mentore con Lydian Tone, maestri dell'on stage e nel loro lavoro".

Quindi si avventurò in un settore ancora poco conosciuto e con scarsi mezzi, specie pensando alla digitalizzazione attuale?

"Certo, era il 1984 e iniziai a lavorare con il Commodore, che pochi conoscevamo - il primo computer targato Apple che funzionava con la registrazione su banda magnetica, le vecchie musicassette, che forse la nuova generazione davvero non conosce, ndr -. Nella selezione dei tirocinanti ho dimostrato una determinazione che mi ha permesso di vincere, tra l'altro come unico italiano".

L'esperienza in California è diventata un bagaglio da esportare?

"Una vera professione: dopo l’esperienza americana, durata qualche anno, ha vinto la nostalgia: mi mancava la vista delle meraviglie dell’Italia, e potevo tornare portandomi dietro l’esperienza del sound designer mentre me ne ero andato da musicista. Grazie a quanto imparato ho iniziato a bussare alle porte e subito ho avuto lavoro da Titanus e Lux, dove ho conosciuto Giorgio Capitani e Simona, e infatti con loro ho lavorato nel film su Giovanni XXIII, che vanta lo share più alto per una fiction, ben 16 milioni di telespettatori. Poi ho lavorato con Marco Pontecorvo, figlio del grande Gillo, e ho fatto un cortometraggio con John Turturro, che vinse il nastro d’argento a Taormina. Tra i registi ho lavorato con Monicelli, Lizzani, Argento, con cui l’anno scorso ho avuto il Davide di Donatello, con Giovanna Tagliani, per il documentario Cùntami, nastro d’argento. Un vanto è anche per l'Oscar per la Tv con Benigni per l’Infermo, nelle sue letture di Dante".

All'inizio non sarà stato tutto facile però...

"Quando ho iniziato a lavorare in America mi affiancarono un signore, abbastanza grande, ed era lui che voleva imparare ad usare il computer. Non parlava quasi mai, ogni tanto dava un consiglio che diventava un'illuminazione, quando gli ho chiesto chi fosse mi disse che era il fonico che montò Guerre stellari, un film cult tutto fatto in modo analogico. Per me era un grande maestro, un onore che fosse al mio fianco per imparare ma soprattutto per trasmettere la sua esperienza, e sicuramente venire dal mondo della musica mi ha aiutato molto a realizzare i progetti digitali". 

Per spiegare a chi non conosce il settore, cosa fa esattamente un sound designer?

"E’ il ruolo che, insieme al regista, decide che aspetto emozionale sonoro debba avere il film. Faccio qualche esempio: nei noir, suspence o fantascienza è facile, perché l'atmosfera si crea con suoni conosciuti, ma capita anche di 'disegnare' suoni nuovi, che caratterizzino personaggi e momenti. Sono io che decido come va distribuita la struttura del suono, tolto il dialogo, che è vero, reale, poi c’è una pista internazionale dove è registrata la tessitura sonora e dove è ricostruito tutto il resto che si sente; spesso ci sono anche 'suoni della mente' ed è fondamentale l’equilibrio per dare la giusta emozione. Serve un grande studio del dettaglio, perché il suono è diventato importantissimo, tanto che ormai ha lo stesso peso del video".

Il cinema sta cambiando, andando anche verso altre dimensioni, e il suono acquisisce maggiore valore?

"Le stesse sale stanno cambiando, ora si va verso quelle 'Atmos', con casse sul soffitto, e questo richiede altro lavoro da distribuire anche con frequenze diverse".

Su cosa sta lavorando ora?

"Da 5 anni mi occupo delle musiche de Il Paradiso delle signore, altro successo Rai incredibile, che tocca punte del 22% di share; nei periodi di sosta dalle riprese faccio altre cose. Ad esempio ho curato un documentario sulla cattura di Battisti, per la Rai, ed ora sto lavorando ad un nuovo documentario".

Un curriculum di livello che impreziosisce questa terra. Come ha conosciuto il viterbese?

"La Tuscia è stata un scoperta avvenuta grazie ad un mio amico che aveva una casa a Capranica, così ho scoperto questa 'regione' e mi sono subito innamorato e ho scelto Nepi ben venti anni fa come luogo di residenza; non volevo più vivere a Roma, dove lavoro tuttora per la Fonoroma. Speriamo che attraverso la film commission viterbese, anche per l'esperienza di Simona Tartaglia e Carlo Cozzi, si possano portare sempre più produzioni cinematografiche che mettano in evidenza questi luoghi bellissimi".

Adesso è lei, Bruno, a fare la promozione della Tuscia...

Non l'ho certo scoperta io, in tanti hanno scelto di vivere qui, ricordo un pianista che dava lezioni a mio figlio, uscendo da casa mi ha detto 'Guardati intorno, questo non lo vedi altrove, conta quello che vedono gli occhi, l’energia che si trova qui non c’è da nessuna parte'. Ed è vero, il bello di vivere qui è tutto in quello che vedono gli occhi, per citare una frase molto conosciuta aggiungo 'Ho visto cose che voi umani…'. Il cinema è un grande veicolo per questo, invito tutte le amministrazioni ad ascoltare di più il mondo e i professionisti del cinema".

Teresa Pierini