Il vescovo nell'omelia dei Vespri ha ricordato la storia che porta al ripetersi di questo gesto di devozione verso la tegola miracolosa con l'effige della Madonna e la preghiera del 1467 fatta dai viterbesi per fermare la pandemia di peste. La città si salvò e da allora venne promessa una solenne processione con autorità religiose e civili, questo Patto d'amore che si ripete da secoli.
"Per diventare buoni fedeli bisogna essere sicuri della propria devozione - ha aggiunto Fumagalli -. In ogni patto ci sono due contraenti, qui da un lato abbiamo Maria che promette protezione sulla comunità civile e sulla chiesa di Viterbo, noi, però, cosa promettiamo? Non c'è patto senza che tutte e due si impegnino in qualcosa. Quindi come fedeli dobbiamo fare il bene e allontanare il male, obbedendo a Dio attraverso la nostra coscienza, un Dio che va riscoperto ogni giorno nella preghiera e la domenica a messa, nel sacramento della penitenza e ricevendo nell'Eucarestia. Come dice Sant'Agostino Gesù ci chiede di amarlo, Giovanni Paolo II diceva che la vita si ritrova nella misura in cui ci si apre e ci si dona, quindi per amarlo dobbiamo aprirci agli altri, non si costruisce una società migliore se non ci si fa carico di chi ha bisogno".
Questo il suo testamento spirituale, raccolto al volo dal sindaco Chiara Frontini che, dopo aver letto l'atto ufficiale del Patto d'amore e donato una fede al santuario, simbolo di fedeltà e devozione, ha ringraziato il vescovo per questo suo ultimo atto d'amore verso la città. Un abbraccio affettuoso in cui il vescovo le ha confessato, ha poi svelato il parroco don Massimiliano, che non lascerà la città e rimarrà a vivere a Viterbo.
Come da tradizione il Comune ha offerto anche un omaggio floreale, ricordato il dono delle chiavi della città e sono stati accesi i lumini perenni con i loghi della Diocesi e del Comune di Viterbo, posti ai lati dell'altare.
Il pomeriggio si è concluso con lo spettacolo degli sbandieratori e musici del centro storico, accompagnati dal corteo dei nobili e dignitari viterbesi, del gruppo Pilastro.
Anselmo Cianchi