VITERBO - Il nuovo vescovo di Viterbo, mons. Orazio Francesco Piazza, prosegue negli incontri con istituzioni e realtà cittadine. Stamani l'incontro con la stampa, per raccontarsi, prima, e poi ascoltare.
Una scelta nata dalla sua passione per il mondo della comunicazione, che definisce strumento fondamentale, pilastro della vita sociale, e che lo ha portato ad essere un collega, tuttora iscritto all'ordine dei giornalisti della Campania, dettaglio che gli fa promettere "Da parte mia massima attenzione alla categoria".
Fissa alcuni punti base, partendo dall'importanza del dialogo: "Che deve essere mirato al bene del territorio e rispettoso della libertà di ognuno, ogni suggerimento può diventare collaborazione - esordisce, piegando i suoi obiettivi -. Fondamentale la ricomposizione della trama sociale, perché i rapporti umani si sono inaspriti dalle emergenze degli ultimi anni, per questo serve il dialogo e la pianificazione delle cose da fare. Magari a tutti non sarà gradito ma è giusto assumersi responsabilità, credo che la libertà sia importante ma deve essere al servizio dell'altro, per servire al meglio la cittadinanza" precisa, ricordando che nel precedente incarico, quanto è stato necessario si è fatto sentire con forza.
"Con voi vorrei un rapporto di amicizia diversa, trasparente e leale, ascoltiamoci - aggiunnge annunciando una 'pizza' da condividere nel giorno in cui si festeggia San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti, e prosegue -: voglio innamorarmi di questa terra, e vi chiedo di dare una spallata ai pregiudizi, perché prima bisogna conoscersi. L'impressione immediata è stata un coinvolgimento emozionale, qui si sente la pressione della storia addosso. A tutti ho chiesto aiutatemi a capire e non darò giudizi per sentito dire".
Un breve racconto di se stesso, che si è poi aperto alle domande dei giornalisti.
Come si rivede pensandosi giovane sacerdote?
"Mi definisco un prete felice, non sento il peso del tempo, quando ero steso a terra per l'ordinazione da sacerdote ho chiesto a Dio di darmi l'entusiasmo, da vescovo ho chiesto di mantenerlo. Sento forte il fuoco della curiosità".
Ha già saputo qualcosa su Santa Rosa?
"Qui rischio l'incidente diplomatico - scherza -: ho sempre celebrato Santa Rosa da Lima, poi ho scoperto quella di Viterbo, una ragazza di straordinaria potenza e con la capacità di influire sul territorio. Spero che oltre all'affettività che tutti provano si concentri l'attenzione anche sulla sua testimonianza di donna forte e decisa, capace di trascinare il popolo, che ora sto conoscendo". Ha inoltre ammesso di essere restato felicissimo dell'accoglienza ricevuta dalle Suore Alcantarine, che già apprezzava in quanto francescane.
Come pensa di agire sul territorio, soprattutto per i deboli?
"Faremo iniziative per i poveri, ho 35 Comuni nella Diocesi e convocherò i sindaci per capire cosa va fatto, nella giustizia e nella pace, ce la metterò tutta e magari non riuscirò ma ci sarà sempre buona fede. Il vescovo non sarà mai contro il territorio. Come fatto in precedenza avvierò un percorso formativo sulla società civile, in passato ho aperto un centro Bachelet e uno dedicato a San Tommaso Moro. Dobbiamo imparare a vedere prima ciò che ci unisce e non ciò che ci divide. Ho un profondo amore per Agostino, a che serve la vita se non per la bontà? Da me sentirete spesso una domanda.... Ma vi sono arrivato al cuore?"
Si definisce un "prete di strada"?
"Fin da ragazzino ho vissuto sul marciapiede e non sono mai sceso. Ho sempre lavorato, anche per studiare al seminario, perché vengo da una famiglia umile, papà muratore, mamma casalinga, ho sempre vissuto tra la gente e non mi sono mai allontanato, mi sorprende che altri si sorprendano di trovarmi in strada, ma io sono quello che sono, tutti i giorni".
Come immagina il suo programma culturale, ad esempio sulla storia del conclave?
"La valorizzazione culturale è fondamentale e va fatta insieme alla politica, partendo proprio dal Conclave che fa parte della nostra storia. Poi la cultura popolare, che trovo straordinaria, come quella delle confraternite; a Sessa Aurunca ho creato il coordinamento ed erano 3.500 persone, a loro dicevo sempre 'Senza di voi non sono vescovo, senza di me non siete Chiesa".
Come avvierà il dialogo?
"L'apertura al dialogo e il confronto sono stati il mio crisma, qui c'è una facoltà e il dialogo interculturale deve fissare le basi, si stabilisce il punto di convergenza da dove partono i diversi metodi di approccio. Il dialogo non deve essere fine a se stesso, quando crea conflittualità sono solo energie sprecate. Vanno armonizzate le differenze per ridurre le distanze. Anche il vostro non è un mestiere ma un servizio, prestate sempre attenzione a ciò che scrivete, anche ledere la dignità di una sola persona è sbagliato, denunciare sia per crescere, per costruire".
L'incontro si è concluso con la lettura di una preghiera di San Tommaso Moro.
Teresa Pierini