VITERBO - “La Tuscia non vuole diventare la grande pattumiera delle scorie nucleari italiane": la decisione della Sogin, la società pubblica incaricata dello smaltimento dei rifiuti nucleari, di concentrare nel Lazio e principalmente nella Tuscia le principali centrali di stoccaggio, ha sollevato le proteste dei cittadini e dei comitati locali.
Di questo hanno parlato il 6 novembre in un incontro organizzato dal sindaco di Tuscania e dal coordinamento dei Comitati per la salvaguardia del territorio di Corchiano e della Tuscia, Montalto Futura – per la salvaguardia del territorio di Montalto e della Tuscia, Maremma Viva, Verde Tuscia, Aree interne Alta Tuscia – antica città di Castro, le associazioni Italiana Cultura e sport Aics (sez. Viterbo), Italia Nostra (sez. Tarquinia) e Pro loco Gallese, il Sovrano Militare Ordine di Malta, la Federalberghi Viterbo e Confagricoltura Viterbo, al quale hanno partecipato numerosi sindaci della provincia di Viterbo.
"Il piano della Sogin prevede infatti di creare depositi temporanei di superfice - spiega la nota - all’interno dei quali stoccare per 100 anni scorie di media e alta intensità. Oltre alla arbitrarietà nella scelta dei territori più colpiti, quello che preoccupa abitanti e comitati è la fumosità nelle modalità tecnico scientifiche che saranno applicate per i depositi temporanei di superficie.
Ad oggi infatti la Sogin chiarisce solamente che in attesa della disponibilità di un deposito geologico, i rifiuti a media e alta attività saranno stoccati in sicurezza con struttura denominata CSA (Complesso Stoccaggio Alta attività) collocata sullo stesso sito del deposito nazionale; che i residui radioattivi e i materiali nucleari a media e a alta attività saranno stoccati in appositi contenitori altamente schermati, quali ad esempio i cask (contenitori in ferro); e in ultimo che queste tecnologie garantiranno la sicurezza dello stoccaggio temporaneo dei rifiuti a media e alta attività.
Un punto altrettanto critico dell’intera vicenda - proseguono - è legato all’assenza di documentazione che spieghi nel dettaglio come sono state selezionate le aree che dovrebbero trasformarsi nei grandi depositi italiani delle scorie (si ripete, incluse quelle a media ed ad alta intensità).
Ad oggi non esistono documenti di comparazione tra le aree escluse e quelle indicate nella CNAPI (la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il deposito); all’interno delle 67 aree individuate vi sono anche aree che presentano rischi sismici di tipo 2; inoltre, per quanto riguarda i 22 siti del viterbese, non è stata chiarita come è stata gestita la valutazione dei criteri di esclusione e approfondimento, tanto è vero che ciascun sito rientra in almeno un criterio di esclusione. Senza considerare che non è stata svolta alcuna valutazione sulla potenziale incidenza sulla salute umana rispetto alla tipologia dei rifiuti che il Deposito ospiterà.
Da parte sua, la Sogin dichiara di aver svolto una verifica su 30 milioni di chilometri quadrati - concludono i comitati - ma nessuno ha potuto visionare gli esiti di questa verifica.
Nel caso della Tuscia i comuni coinvolti sono 14, con 7.500 ettari di terreno distribuiti tra Maremma e Monti Cimini. Tutte le aree individuate sono interconnesse attraverso una vasta rete di aree naturali protette e siti Natura 2000, ovvero il principale strumento normativo dell’Unione europea per la conservazione della biodiversità (direttiva Habitat)”