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Che siano fiori o che sia festa, la città sta di nuovo perdendo la faccia

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VITERBO - Partiamo da un dato: San Pellegrino in Fiore non ci sarà, e non ci sarà neanche Viterbo in fiore che sarebbe andata in sostituzione della storica manifestazione, non ci sono i soldi, viene detto dal Comune, e ne prendiamo atto.

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Ma ci saranno i turisti e sicuramente si aspetteranno qualcosa che non troveranno o troveranno diverso. Sarà più bello? Potrebbe anche essere oppure no. Quello che è sbagliato, come concetto di base, è dividere la città in un mega reality show che si svolge sui social, il "GV", il "Grande Viterbo", dove da un lato ci sono i cattivi che criticano e dall'altro i buoni e volenterosi, e viceversa da un lato quelli che notano che "non ne beccano una" e dall'altro chi ci prova senza riuscirci.

E' stato annunciato che l'amministrazione sta lavorando ad un progetto ambizioso, Viterbo capitale europea della cultura: una città sarà scelta per il 2033, una sola in tutta Europa, ruotata a turno tra le varie nazioni e la precedente fu Matera nel 2019. Si punta ad un progetto così grande, anche se ci sono tre o quattro anni per pensarlo, ma in 8-9 mesi di amministrazione non si riesce a supportare gli organizzatori di una storica manifestazione come San Pellegrino in fiore (o Viterbo in fiore per questioni di marchio) con un budget di circa 60.000 euro per l'amministrazione? E sappiamo che viene dopo una festa di Santa Rosa pasticciata e un Natale assolutamente sotto le aspettative, con turisti scontenti rispetto ad altre realtà come ad esempio Arezzo.

In quel caso si chiese pazienza, era passato poco tempo. Quanto tempo deve ancora passare per capire cosa vogliamo fare da grandi? Un anno? Due? L'importante è saperlo.

La ripresa delle iniziative dopo la pandemia ha riguardato ogni Comune italiano, ad esempio Tarquinia sta lavorando alacremente per prendersi carico della Fiera delle Macchine Agricole, con uno sforzo importante per rispondere alle esigenze del territorio e mantenere viva una tradizione. Perché se nel 2023 non si recuperano le tradizioni messe all'angolo, la storia non potrà che condannarle all'oblio.

La proposta immediata venuta dalla base, dal mondo associativo e commerciale non va a coprire il vuoto che si crea, perché spesso non basta la buona volontà per portare a casa un risultato all'altezza delle aspettative, specie dei turisti che poco sanno delle beghe interne ma rischiano di arrivare e trovarsi insoddisfatti.

E siccome "non c'è due senza tre" non vorremmo che ci troveremo davanti di nuovo a giorni di feroci critiche e fuoco incrociato di insulti da chi, ciecamente, non sopporta proprio.
Alzare bandiera bianca di fronte qualcosa che avrebbe potuto (o meglio dovuto) riportare la manifestazione vivaistica dopo 2 anni e tre edizioni saltate è veramente un'occasione persa. Non si possono fare gli stati generali del turismo e poi rinunciare ad eventi che il turismo lo hanno sempre portato. O forse il turismo di San Pellegrino in fiore era da inserire nella categoria "popolare" che poco è gradita dall'assessore Franco, come dichiarato pubblicamente in confernza stampa?

Ci potrà essere tutto il volontariato buono della città ma se si basa solo su volontariato rischia di essere di nuovo qualcosa che non rappresenta le aspettative e non potrà mai essere colpa di chi ci ha provato. La colpa è di chi non ci ha provato affatto, e putroppo l'esempio del mercatino di Natale, che mercatino di Natale non è stato, resta un fatto di cronaca, nonostante gli annunci roboanti e i numeri dati alla stampa.

Qualche anno fa si tentò un esperimento diverso dalla tradizione e in piazza finirono carciofi, patate e pomodori, trasformati poi in una spesa popolare, anche molto triste. Fu davvero feroce la critica del tempo perché qualche volta la scollatura tra città e Palazzo è forte e non porta risultati soddisfacenti. 

C'è sempre la frase fatta: chi si lamenta non ama la città. E chi decide come va amata la città? È la città che discute quello che sta accadendo e la stampa ha il dovere di esserci.

Vogliamo sperare che un'organizzazione diversa che parta dal basso possa essere all'altezza delle aspettative, ma se i dubbi restano, perché anche se ciascuno porta qualcosa di buono è difficilissimo coordinare una serie di realtà e sperare che tutto fili liscio e sia professionale. Rischiamo di ritrovarci di nuovo di fronte ad un evento che lascia l'amaro in bocca e magari viene esaltato perché è stato fatto in buonafede.

Non basta il cuore, non siamo in un un pomeriggio da salotto televisivo, con il cuore non si governa una città e nemmeno con il populismo di bassa lega.

Teresa Pierini