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La Badessa di Castro: all'Archivio di Stato l'analisi storica sul processo per inquisizione

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VITERBO - Primo interessante incontro con Appuntamenti della Memoria, la rassegna di presentazioni organizzata all'Archivio di Stato e dedicata alla sorgenti della conoscenza. La prima storia affrontata è stata dedicata ad una figura controversa, la Badessa di Castro, complice il libro di Lisa Roscioni che è andata a verificare le fonti provando ad aprire un dibattito storico rispetto al racconto tramandato da Stendhal. Al suo fianco il direttore dell'Archivio di Stato di Viterbo, Michele Di Sivo, insieme ai docenti dell'Unitus Barbara Piqué (Letteratura francese) e Matteo Sanfilippo (Storia Moderna).

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La pubblicazione, basata su documenti storici e non copie tramandate che finiscono per travisare i fatti, cosa avvenuta probabilmente nel caso del romanziere francese, permette un'analisi perfetta sulla situazione storica del tempo, in quanto basata sui documenti dell'inquisizione a carico della Badessa, dopo che aveva messo al mondo il figlio del vescovo.

Il pubblico presente è stato accolto dal direttore che ha ringraziato per la presenza, nonostante il freddo della giornata: “Lieto di questa presentazione che fa partire le iniziative pubbliche dell'Archivio di stato. Analizzeremo il racconto della vita della Badessa di Castro tra le fonti storiche e la revisione ottocentesca, perché è chiaro passando di famiglia in famiglia la storia viene riscritta. Questo libro ha il pregio di essere costruito su più registri, partendo dal processo al vescovo che ha un figlio dalla badessa, le cui carte finiscono a Londra mentre un secondo registro affronta la storia di quelle carte e poi un terzo sulla narrazione fatta da Stendhal”.

Un viaggio affascinante per la professoressa Piqué: “Una storia intrigante, riscritta da Stendhal sul testo rivenduto nei vari rimandi popolari, Lisa ha affrontato il tema letterario indagando sulla 'vicenda che si fa subito storia', e mi piace citarla, partendo dal processo fino alle rielaborazioni letterarie dello scrittore francese. Una verifica storica per indugiare sulle finalità della riscrittura, Lisa mette in evidenza la funzione del manoscritto: la strategia con la quale si cerca di evitare il sospetto che incombe sul narratore onnisciente”.

Letterario e storico l'intervento del professor Sanfilippo, che si complimenta con l'autrice per aver realizzato un libro che è una ricostruzione drammaturgica composto da prologo (il manoscritto rubato sul processo e venduto a Londra), descrizione luoghi (un ducato che ha vita brevissima, luogo tetro perduto tra palude e langhe), personaggi (i protagonisti del fattaccio) e l'epilogo (la storia tramandata dal romanziere francese). “La storia di due disperati che si trovano e stanno insieme solo tre volte, così dice la badessa, in una di questa rimane incinta; poi lo scandalo a cui segue il processo al vescovo Cittadini, su denuncia dei Farnese. La storia però non finisce - sottolinea il docente - non si sa se c'è stata condanna e non si sa che fine abbia fatto il piccolo Alessandro e quando lei muore tutto si ferma e lui viene 'recuperato' in un convento a Milano. Secondo me è l'epilogo il pezzo forte del libro, con la ricostruzione di Stendhal e l'immagine dell'Italia rinascimentale, che torna sempre nella sua letteratura, che stavolta mostra una donna diversa, non quella abile e diplomatica che però non sai mai se si concede o la classica bella mora, che si offre pienamente ma poi si vendica se tradita. La Badessa per la prima volta è diversa, magari banale e triste ritratto di una grande sfortuna”.

Complimenti importanti per l'autrice, docente universitaria e quindi abituata a scrivere partendo da fonti certe. Lisa Roscioni parte raccontando di aver rintracciato per caso il manoscritto al British Library, mentre cercava altro, non conosceva la storia, se non da quanto scritto da Stendhal, e come sempre basta incuriosirsi e la storia diventa parte della propria vita, tanto che prevede in futuro di pubblicare anche la fonte, gli atti del processo per inquisizione, un documento originale che narra la verità processuale.

“Ho costruito il libro partendo dall'introduzione facendomi così la struttura, cosa che agli scrittori non avviene quasi mai. Ho iniziato dal luogo, approfondendo la storia, leggendo le loro lettere all'archivio farnesiano, scoprendo come lei faticasse a scrivere, decisamente poco colta. La Badessa descrive un luogo claustrofobico, il Ducato, che l'autore francese vincola al chiuso di un convento, non avendo nemmeno visto le rovine. Guglielmo Libri ha venduto quel manoscritto spacciandolo per la fonte dello scrittore, che invece si basò su una cronichetta: questo movimento circolare – precisa la Roscioni - è affascinante, anacronistico e psicologico, grazie a quella bugia oggi abbiamo il documento originale. E' chiaro che lettere e processi sono visioni orientati del mondo, la verità si annida dove meno ci si aspetta. Si scopre però cosa vuol dire essere donna nel Cinquecento, che entra in convento o sposa un nobile per restare chiusa in un palazzo. La prima situazione poteva essere anche migliore, si faceva pure carriera e non si doveva stare con uomini orrendi. La badessa muore dopo aver sposato il fratello del vescovo, un matrimonio riparatore, forse avvelenata o forse liberata da una vita che non amava. Nel documento è evidente che lei non nega mai la nascita, ma accusa un servitore del vescovo, già morto e quindi colpevole perfetto. La storia ci dice che il bimbo, dato a balia, viene trovato e messo nel convento di Santa Maria della Quercia, dove forse, da unico neonato, muore. La badessa ad un certo punto confessa la verità dicendo di aver mentito 'Perché avevo paura che la mia creatura andasse a male', un amore materno impossibile da negare. Lui nega ma lei insiste 'Ho messo il bimbo a balia, ma il peccato è lo stesso se l'hai fatto con un principe o un famiglio di stalla". Stendhal rovescia questa frase facendogli dire 'Mi sembra che mi sono data ad un lacchè', provando a costruire un'Italia femminile. Al tempo le notizie erano scarne e le congetture scontate, ma andava fatta una ricerca. Basandomi sui fatti, ho proposto letture possibili, lasciando spazio al pensiero e all'immaginazione del lettore”.

Gli applausi finali hanno sottolineato un lavoro realizzato con rigore metodologico ma anche con tanta passione.

Teresa Pierini