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Rita Savagnone: l'attrice e doppiatrice, presto nell'albo d'oro comunale, si racconta

Interviste
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VITERBO - Sta per entrare nell'Albo d'oro comunale, su proposta dell'assessore Antoniozzi, ma in pochi sanno della sua scelta di vivere nel viterbese: stiamo parlando di Rita Savagnone, doppiatrice e attrice, che in molti conoscono per il ruolo della suocera di Giulio Cesaroni, interpretato dal figlio Claudio Amendola.

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Una scelta di vita discreta, esattamente come nel suo carattere, da anni cittadina viterbese, lasciandosi alle spalle la confusione della capitale.

Rita è davvero un mostro sacro del cinema italiano, sia per le sue caratterizzazionei di attrice che, specie, per una carriera infinita al doppiaggio, dove ha "prestato" la sua voce alle più grandi attrici italiane ed internazionali.

Proviamo a presentarla meglio ai nostri lettori, con un'intervista in cui racconta se stessa, come persona e come artista.

Partiamo dalla sua scelta, perché Viterbo?

"Viterbo è stata una scelta molto semplice, ho sempre amato viviere in provincia e negli ultimi anni la vita a Roma era diventata difficile, quando mio figlio Federico si è trasferito qui ho inniziato ad avvicinarmi per sperimentare. Mi è piaciuto questo stile di vita, gli anni passavano, il lavoro diminuiva e mi piaceva stare con i nipotini. Avrei scelto la campagna, ma la città offriva più serivzi.
Viterbo la conoscevo bene, ho recitato due volte all'Unione, una volta recitai Pirandello con Umberto Orsini, poi la Fedra con Mariangela Melato. Inoltre c'erano amici che vivevano nella Tuscia e mi è sembrato tutto molto bello; ho cercato una casa adatta alle mie esigenze, trovando un incanto: si trova su un pezzo di mura, fatta in un periodo in cui forse si poteva fare di tutto, anche costruire su mura castellane, così mi trovo a vivere in una sorta di torrione che ammiro dal balcone. Questa cosa mi ha affascinato perché ho sentito la storia entrare in casa.
Ho imparato a vivere la realtà cittadina, vivo i negozi e soprattutto la parte artistica, specie con l'Accademia degli S.Vitati di cui faccio parte (diretta dal figlio Federico, che ha già presentato due stagioni musicali di successo alla Rocca Albornoz ed una estiva, Musicalia, ndr). Ho conosciuto gente in gamba e simpatica e sono contenta della scelta".

Una vita serena, un punto d'approdo dove ricordare tanti anni di successo. Riesce a fare ancora spettacoli?

"Quello che faccio ora è mettermi a disposizione per leggere poesie e magari qualche parte in teatro, ora va bene così. Ho iniziato da bambina, mia sorella Deddi era un'attrice radiofonica, unica possibilità del tempo per fare spettacolo con i radiodrammi e gli sceneggiati. C'erano importanti compagnie di radio, una di prosa a Torino, una per la rivista a Milano, un'altra diretta da Orazio Costa a Firenze, più due a Roma, di prosa e teatro comico musicale, con repertorio leggero, che faceva commedie giocose in musica. Mia sorella entrò in questa perché cantava bene e in famiglia serviva lavorare. La seguii e nonostante fossi una bambina ero richiestissima, già dal provino venni apprezzata perché parlavo senza accento. Iniziò così la mia carriera, poi il doppiaggio divenne un passo naturale".

Il doppiaggio è stato il vero compagno della sua vita, ci racconta qualche esperienza?

"Nel tempo sono stata chiamata per dare voce a film e attrici importanti, e ho fatto tanti film italiani perché la tecnica della presa diretta era imprecisa, quindi si doppiava tutto. Faccio prima a dire i registi italiani con cui non ho lavorato, che sono Visconti e Antonioni, mentre ho lavorato con tutti e di conseguenza ho imparato da tutti, perché i registi sono propagatori di cultura e insegnano la fondamentale possibilità di esposizione dei sentimenti.
Ho dato voce a tutte le attrici italiane, tranne Monica Vitti e Mariangela Melato, ad esempio doppiavo sempre Sofia Loren, tranne nei primissimi film, da quelli fatti in America, come Cassandra Crossing. Quando fece 'C'era una volta' di Rosi, con il grande Omar Sharif, uno dei film a me più cari perché la trovo una favola bellissima molto toccante, Sofia restò incinta e ci teneva tantissimo a portare avanti la gravidanza. Fu costretta a letto senza muoversi e Rosi disse 'Piuttosto che prendere altre preferisco Rita, perché ha più orecchio e mi reinventa quello che voglio'. Passai una settimana chiusa con lui in sala doppiaggio, lavorando sul napoletano del '600, una lingua complessa piena di tranelli. Doppiai tutto, poi lei si riprese e rifece il doppiaggio. Purtroppo quel lavoro fu cestinato, un gran peccato, anche se impararai tantissimo e quello resta. Ho doppiato persino la Lollobrigida in un film di Bolognini, poi tante volte Claudia Cardinale, tranne ne Il Gattopardo".

Un lavoro che ha una grandissima importanza sulla riuscita finale del film...

"Il doppiaggio è fondamentale perché crea l'attore, riesce a rendere bravo anche chi non sa recitare ma ha una bella immagine. Nel tempo si è perfezionato e molti attori sono bravi, anche se le voci mitiche, come quelle di Via con vento, fanno parte del film come i tessuti degli abiti.
In merito ricordo un episodio, intorno agli anni '80 un direttore di doppiaggio, Mario Valdesi, tentò un'operazione speculativa, convinse una casa di produzione americana che il doppiaggio di 'Vial col vento' era da rifare; qualcuno, sbagliando, si fece convincere. Montarono un'operazione che costò tantissimi dollari, facendo migliaia di provini, trasformandosi in un'operazione deficitaria; non piacque a nessuno, causando addirtuttura un enorme dispiacere a Luigi Vannucchi, bravissimo attore scelto per doppiare Rhett Butler, interpretato da Clark Gable. Quell'insuccesso peggiorò la sua depressione. Alla fine l'operazione tolse il sapore al film, infatti appena fu proiettato gli spettatori protestavano anche in sala". Un'operazione che è possibile rintracciare in tanti video online, dove vengono paragonati, spesso in modo impietoso, le storiche voci con quelle degli anni '80.

Questo dimostra quanto sia veramente fondamentale, perché può cambiare la sorte stessa di un film. Pensa che che viene data la giusta attenzione al doppiatore?

"Il doppiaggio è un lavoro strano, talvolta mortificante, alla radio sei una voce ma c'è la tua espressività e le tue pause, il doppiaggio è una copia, una traduzione, non è mai completo. Non è un brutto lavoro ma spesso limita, anche se ci sono casi dove è possibile dare qualcosa del proprio estro artistico. Purtroppo se è fatto male vieni criticato, mentre se fatto bene non si accorge nessuno, e spesso i complimenti li prende direttamente l'attore, magari straniero, senza che conosca una parola di italiano.
Per carattere non mi piace essere in evidenza, ma una volta l'indifferenza mi diete fastidio: parlo di un articolo del critco cinematografico Tullio Kezich, la recensione del bellissimo film 'I bostoniani' con protagonista Vanessa Redgrave. In questo lavoro il doppiaggio era importante, specie in una scena, che durava 15 minuti sviluppate su 30 pagine di copione, un pezzo di recitazione fondamentale. L'attrice era bravissima e la mia voe doveva esserlo altrettanto. Kezich fece lodi sperticate sull'interprezione della Redgrave, senza aggiungere nulla sul doppiaggio. Un giorno, incontrandolo, gli dissi: 'Ha le orecchie, ma possibile che non le è passato per la testa di citare chi l'ha doppiata, non si può ignorare completamente la parte sonora in una scena come quella'. Lui restò così, interdetto, e poi ammise che avrebbe dovuto citare la mia interpretazione".

Un amore infinito per una professione difficile e talvolta poco considerata.

Viterbo andrà oltre, riconoscendone il valore di doppiatrice e attrice, e dopo averla accolta come concittadina la onorerà con l'iscrizione all'Albo d'Oro, dove sono citati i personaggi che hanno dato lustro alla città, scegliendola per vivere.

Teresa Perini